Quel che il quaderno non racconta
15 Ottobre 2019
QUEL CHE IL QUADERNO NON RACCONTA
di A. Capetti
Ci sono molte cose che il quaderno non racconta…
Il quaderno non racconta l’ora in cerchio del lunedì mattina, quando, appena arrivati a scuola, ci raccontiamo le parole belle del fine settimana, rispettando il turno e imparando ad ascoltare chi sta parlando così come gli altri hanno ascoltato noi.
Il quaderno non racconta il cerchio degli abbracci, quando c’è bisogno di un’attenzione in più, o, semplicemente, di stare più vicini, e ognuno a turno fa il giro abbracciando ogni compagno e compagna, e la maestra, imparando a dosare la stretta, ad avvicinarsi a tutti, ad accogliere tutti, e a tornare, alla fine, al proprio posto nel cerchio.
Il quaderno non racconta la ragnatela dell’amicizia, il gomitolo lanciato verso un compagno o una compagna tenendone ben saldo un capo, a formare un complicato reticolo che dice il nostro essere amici.
Il quaderno non sempre racconta il tempo delle storie, gli occhi e le orecchie attenti, le risate, gli interventi, le domande e le risposte.
Il quaderno non racconta le teste a volte poggiate sul banco o la fatica di stare seduti, l’attesa dell’intervallo, della merenda o della mensa, l’espressione corrucciata o triste quando il desiderio di casa, di mamma o papà si fa più intenso.
Il quaderno non racconta gli scambi di merende, il biscotto morsicato offerto alla maestra, i disegni regalati, le carte dei Pokemon, i giochi sottobanco.
Il quaderno non racconta il tempo del bagno, le svariate pipì, le mani lavate a lungo, il sapone che finisce troppo in fretta, le molte salviette necessarie per asciugarle, il ritorno in classe.
Il quaderno non racconta il tempo lungo del giardino, dove si può calciare o lanciarsi un pallone, chiamare a gran voce i passanti per farsi restituire quello uscito dalla cancellata, rincorrersi al sole o costruire piccoli rifugi per insetti, camminare attaccati a una lunga sciarpa o sedersi sulla panchina a chiacchierare con un amico.
Ci sono molte altre cose che il quaderno non racconta…
Uno dei grandi problemi della nostra scuola è quello di voler vedere tutto convertito in qualcosa che lasci traccia immediata.
Si cercano tracce, tracce che consentano di tenere sotto controllo il percorso, di misurarlo e di confrontarlo. Come se la formazione potesse affidarsi a un’unità di misura convenzionale adeguata a ogni contesto.
Facendo questo, e voi genitori sapete bene quanto sia quello lo strumento che vi fa stare sereni più di tutto, non ci si pongono le domande fondamentali.
Siamo sicuri che lasciando traccia sul quaderno, facendo ogni giorno un certo numero di pagine di un libro, la scuola faccia bene il suo lavoro? Siamo sicuri che a questo procedere sia associato l’apprendimento e, soprattutto, la formazione?
Una scuola che funziona è quella che accanto alle attività dai tempi visibili, quelle che consentono una misurazione immediata, ne affianca tante dal tempo invisibile.
I tempi invisibili comprendono tutto quel tempo necessario che fa “crescere” le persone, che le forma, che accoglie ciò che non può sembrare utile nell’immediato, che guarda alla persona in formazione pensando alla crescita complessiva e non a riempirla di contenuti già impacchettati. Il tempo invisibile tende ai traguardi, che necessitano di una formazione vera da portare con sé, non solo in un’altra scuola, ma nella vita.
Per rintracciarlo, questo tempo, spostatevi dal programma e guardate i vostri figli, la motivazione con la quale arrivano a scuola, la loro serenità, la loro sete di scoperta, la capacità di organizzare il lavoro e di mettere insieme ciò che gli occorre. Parlate con loro, ricordandovi di come erano e non abbiate mai paura di chiedergli cose che ancora non sanno o che non sanno fare, cercheranno la strada.
Questi sono gli effetti dei tempi invisibili: motivazione, serenità, curiosità, autonomia, capacità di interrogarsi, di sbagliare e di ricominciare.
Tratto da E. Ena “Sì, io faccio scuola dai tempi invisibili”
Ultimo aggiornamento: 15 Ottobre 2019